domenica 31 dicembre 2017

Fato e Furia

Ci sono pochi romanzi contemporanei che mi hanno sconvolto e deliziato come è accaduto con Fato e Furia, l'ultima lettura del 2017.
Lotto e Mathilde sono i protagonisti di una storia totale, avvincente, sorprendente. Una storia d'amore che nasce repentina e sfocia in un matrimonio che dura quasi un quarto di secolo. Pensiamo di conoscere questa coppia, i tormenti creativi di Lotto e quelli esistenziali di Mathilde. Ma cosa accade quando un uomo che ha perso il padre da bambino e una donna che è stata rifiutata dalla madre, si incontrano e si amano? Quanto il destino ha deciso di giocare con loro? Il libero arbitrio è illusione e l'amore l'unica verità. Ma sarà davvero così? Ho letto il libro in e-book perché l'ho iniziato in treno e l'ho divorato in tre giorni. E poi l'ho comprato subito in libreria perché un libro così è un dono e la sua autrice è una scrittrice geniale. Da rileggere quanto prima sfogliando con gusto una pagina dopo l'altra.

Lauren Groff
Fato e furia
Traduzione di Tommaso Pincio
Bompiani 2016


sabato 30 dicembre 2017

In giornate identiche a nuvole

Ricordi? Era una mattina come questa, di cielo chiaro e luce trasparente. L’inganno della primavera bisbigliava agli alberi le prime gemme sui rami. Ogni angolo della città gridava gioventù e bellezza. Ero partita all'alba, mentre andavo a piedi verso la stazione, otto chilometri dalla mia casa, non avevo incontrato una sola persona con i capelli grigi o bianchi. Prima della lunga strada che segnava il triangolo del confine occidentale, dovevo attraversare il pioppeto che era stato la foresta della mia infanzia. Poche foglie secche scricchiolavano al mio passaggio e nessuna foglia nuova si profilava dal ramo verso la fiamma dei lampioni. Tra quegli alberi ormai giganteschi si rincorrevano ancora i fantasmi dei bambini che eravamo stati, dei bambini che alcuni sarebbero rimasti per sempre.

(incipit)

Ecco che l'anno si chiude con il nuovo romanzo.

Elena Petrassi
In giornate identiche a nuvole
Atì editore 2017


giovedì 14 dicembre 2017

La poesia è la nostra casa aperta, la porta senza chiave e ospiti invisibili entrano ed escono

Ars poetica?


Ho sempre aspirato a una forma più capace,
che non fosse né troppo poesia né troppo prosa
e permettesse di comprendersi senza esporre nessuno,
né l'autore né il lettore, a sofferenze insigni.
Nell'essenza stessa della poesia c'è qualcosa di indecente:
sorge da noi qualcosa che non sapevamo ci fosse,
sbattiamo quindi gli occhi come se fosse balzata fuori
                                                                    una tigre,
ferma nella luce, sferzando la coda sui fianchi.
Perciò giustamente si dice che la poesia è dettata
                                                               a un daimon,
benché sia esagerato sostenere che debba trattarsi
                                                               d'un angelo.
È difficile comprendere da dove venga quest'orgoglio
                                                                   dei poeti,
se sovente si vergognano che appaia la loro debolezza.
Quale uomo ragionevole vuol essere dominio dei demoni
che si comportano in lui come in casa propria, parlano
                                                      in molteplici lingue,
e quasi non contenti di rubargli le labbra e la mano
cercano per proprio comodo di cambiarne il destino?
Poiché ciò che è morboso viene oggi apprezzato,
qualcuno può pensare che io stia solo scherzando
o abbia trovato un altro modo ancora
per lodare l'Arte servendomi dell'ironia.
C'è stato un tempo in cui si leggevano solo libri saggi
che ci aiutavano a sopportare il dolore e l'infelicità.
Ciò tuttavia non è lo stesso che sfogliare mille
opere provenienti direttamente da una clinica psichiatrica.
Eppure il mondo è diverso da come ci sembra
e noi siamo diversi dal nostro farneticare.
La gente conserva quindi una silenziosa onestà,
conquistando così la stima di parenti e vicini.
L'utilità della poesia sta nel ricordarci
quanto sia difficile restare la stessa persona,
perché la nostra casa è aperta, la porta senza chiave,
e ospiti invisibili entrano ed escono.
Ciò di cui parlo non è, d'accordo, poesia.
Perché è lecito scrivere versi di rado e controvoglia,
spinti da una costrizione insopportabile e solo
                                                    con la speranza
che spiriti buoni, non maligni, facciano di noi il loro
strumento.

                                                            Berkeley, 1968

Czeslaw Milosz
Poesie
a cura di Pietro Marchesani
Adelphi 1983